(nàn yàr ?)
Poiché tutti gli esseri viventi desiderano essere sempre felici, senza sofferenza, poiché nel caso di ognuno si è osservato un grande amore per se stessi, e poiché solo la felicità è la causa dell’amore, allo scopo di riguadagnare quella felicità che è la nostra stessa natura e che viene sperimentata nello stato di sonno profondo dove non vi è mente, uno dovrebbe conoscere il proprio sé. Per questo il sentiero della conoscenza, la ricerca del tipo: “chi sono io?”, è il mezzo principale. (Ramana Maharshi)
Un ritiro di tre giorni.
Nato negli anni ’60 dalla profonda visione di un ricercatore americano (Charles Berner), questo tipo di ritiro beneficia di alcune particolarità che lo rendono unico nel suo genere, e che ne fanno un gioiello di rara bellezza nel panorama delle tecniche di meditazione classiche.
numerose sono le intuizioni che alla base di questo approccio “occidentale” alla pratica meditativa, rendono il ritiro particolarmente intenso e unidirezionale nel suo intento e allo stesso tempo accessibile a tutti i sinceri ricercatori privi anche di qualsiasi esperienza nel campo.
L’accostamento alla meditazione è mediato da una domanda chiave o koan (dalla tradizione zen) e ci pone principalmente un quesito paradossale a cui la mente ordinaria non può rispondere in maniera esaustiva: chi è dentro di me?.
la struttura del corso accosta i partecipanti a coppie o diade, coppie che cambiano a rotazione. Nella diade, si è verificato negli anni, il profondo grado di relazione che si crea con l’interlocutore, sostiene l’attenzione del partecipante in un crescendo di introspezione e comunicazione aderente, che permette un livello meditativo mai raggiungibile in una normale sessione solitaria (a meno che non parliamo di un praticante molto avanzato).
Un contesto protetto, un luogo ritirato, una regola che aiuta a concentrarsi su un unico fine, la persistenza nel praticare questa unica tecnica sostengono il partecipante in un viaggio molto intenso, profondo e potente, alla ricerca di un’esperienza non teorica ma diretta e auto-evidente del “chi sono io”.
Questa risposta, quando realizzata, sarà ben lungi da qualsiasi dottrina teorica o confessionale e sarà un patrimonio assolutamente intimo e originale dell’individuo, che allora non potrà che essere più autentico nell’interpretare i ruoli che incontra nel suo esistere.