Vibrazioni Rigenerative

IMG_0861Amedeo Bianco Presidente Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO)

Da qualche tempo si assiste ad un fenomeno insolito:

mentre la tecnologia continua ad avere un posto d’onore in sanità, sono sempre più numerosi i medici che si rivolgono all’arte, non solo cultori e collezionisti, e che la introducono negli spazi di cura, la coltivano come forma di sostegno alla propria attività clinica, la propongono ai pazienti come efficace supporto terapeutico e stimolo di guarigione. È il momento in cui la medicina e le professioni sanitarie stanno riscoprendo e riaffermando i loro bisogni: l’arte, la letteratura, la filosofia come strumenti per «fare salute», per creare un modo nuovo di parlare di cura, per rifondare anche una lingua della pratica clinica. Sono i lampi accecanti delle MedicaI Humanities a promettere un nuovo orizzonte in cui l’arte diventi un vero e proprio atto, non solo linguistico. Cioè un’azione di cambiamento dell’essere medici, pazienti, operatori, cittadini: se infatti le identità sembrano entrate in crisi, questo è forse il momento di recupero autentico delle radici umanistiche della medicina, di quell’umanesimo che fonda il rispetto, l’ascolto, lo spirito critico, la speranza e la solidarietà.

Nelle più prestigiose istituzioni sanitarie, negli Stati Uniti, in InghIlterra, Canada, Francia, ci sono reparti che coinvolgono artisti nei processi di cura, e vengono avviati programmi di ricerca per studiare gli effetti dell’ arte sulla mente come feconda via di conoscenza della malattia e delle sue possibilità di guarigione o di cura.

Le scoperte delle Neuroscienze fanno da apripista a questo cammino. L’arte che, nelle sue varie ed articolate manifestazioni, accompagna l’uomo fin dalle sue remote origmi, continua a restare un’esigenza profonda dello spirito umano.

E il suo bisogno si fa più acuto nelle situazioni estreme dell’esistenza ma anche nelle emozioni più semplici, come il dubbio e la paura che spesso accompagr:ar:o la nascIta, la vita e la morte. Negli ospedali, oltre la cura, ormai si narra, si compone, si dipinge, si suona, si danza, si fa teatro. Come esperienza personale dell’operatore o fatto collettivo di comunità, l’arte é ardente generatore di creatività medico/sanitaria, fonte di arricchimento, di conoscenza e di significato. In molti casi essa riesce a suscitare la forza per accettare il cambiamento esistenziale che spesso la malattia impone.

Fino al passaggio ultimo. In molti casi invece è capacità di risuonare con ciò che ci circonda in modo empatico… Anche nella gioia, che esiste e che permea la nostra professione. Il recupero delle arti in sanità dovrebbe quindi diventare un comportamento condiviso e diffuso che parte da una premessa: l’arte può essere un potente strumento di miglioramento nella cura. La cura che è innanzitutto un atto libero, troppo spesso veloce e smarrito tra speranze e difficoltà, frutto di cultura ed esperienza ma sempre un atto creativo tra persone.

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